Luca 11:1

Imparare a pregare

Sintesi. “Insegnaci a pregare” non è oggi la domanda che molti farebbero. Simbolo di debolezza e di dipendenza, l’uomo e la donna moderni rifuggono dalla preghiera autentica perché vogliono essere liberi ed autonomi, ma si ingannano. Preferiscono che qualcuno insegni loro magari la “meditazione trascendentale” o quant’altro ritengono potere essere loro di vantaggio, pompando il loro smisurato ego. Riflettiamo oggi sulla richiesta che i discepoli fanno a Gesù in Luca 11:1.

Una richiesta importante

Il tema che si propone oggi alla nostra attenzione è quello della preghiera. Il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo pregava spesso il Padre Suo celeste. Dopo aver posto i Suoi discepoli in vivo rapporto con Dio, Egli insegnava ai Suoi discepoli a pregare, cioè a comunicare con Dio. Quando ci di chiede “Perché mai dovremmo imparare a pregare?” questa è la strada sulla quale dovremmo cercarne la risposta: perché come creature umane è essenziale il nostro consapevole rapporto con Dio. essendo stati creati proprio per questo.

Quando l’Evangelo ci propone la preghiera modello che va sotto il nome di “Padre nostro”, esso ci presenta il contesto in cui questa preghiera è sorta con le parole: “E avvenne che egli si trovava in un certo luogo a pregare e, come ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli” (Luca 11:1). È un grande privilegio, infatti, osservare gli uomini e le donne di Dio e assumerli come esempio dei rapporti che essi intrattengono con Dio. di più, chiedere loro espressamente di istruirci al riguardo.

“Insegnaci a pregare...”: com’è bella questa richiesta che presuppone la possibilità che noi si intrattenga un fecondo rapporto con Dio. E’ proprio per questo che la Bibbia ci esorta spesso dicendo: “Non cessate mai di pregare” (1 Tessalonicesi 5:17), “...pregando in ogni tempo con ogni sorta di preghiera e di supplica nello Spirito, vegliando a questo scopo con ogni perseveranza” (Efesini 6:18). Il Signore Gesù, infatti, insegnava “...per mostrare che bisogna continuamente pregare senza stancarsi” (Luca 18:1).

La difficoltà contemporanea. Parlare oggi dell’importanza della preghiera è difficile perché il concetto stesso di preghiera è quanto mai impopolare. Quanti sono infatti che chiedono espressamente a chi in questo campo ha maggiore esperienza: “Insegnami a pregare”? Già, scomparendo il senso della presenza di Dio e della dipendenza da Lui, pregare sta diventando attività quanto mai rara. La preghiera, quando ancora la si pratica, diventa semmai vuota ripetizione di parole rituali o attività al cui centro sta piuttosto la promozione di virtù umane in cui, in ogni caso, Dio sta sempre di più ai margini.

L’uomo forte non prega?

Il messaggio che passa oggi. “L’uomo forte non prega”: ecco il messaggio che sembra venire fuori da quello slogan pubblicitario di profumo maschile che dice: “Per l’uomo che non deve chiedere mai”. Che cosa presuppone? L’allusione in quel caso è sessuale: chi usa quel profumo si renderebbe irresistibile per le donne tanto da non dover neppure più fare lo sforzo di cercarle e di implorarle ...verrebbero da sole! Il messaggio accessorio, però, è pure che il vero uomo non chiede: ottiene automaticamente perché si impone con la propria prestanza, forza, dignità, bellezza. Egli sarebbe il “re” a cui tutto è dovuto e se per caso non dovesse ottenere, prenderebbe con la forza del suo “diritto”, senza certo chiedere. Chiedere, pregare, implorare, nella mentalità corrente, diventa così un’umiliazione di gente debole e servile, gente che non vale nulla e che per avere deve “strisciare”.

Non è dignitoso? Forse è per questo che “pregare” non è un concetto popolare: pregare non è dignitoso, implica confessare la propria debolezza, povertà, impotenza, bisogno, dipendenza... L’uomo vuole sentirsi forte e libero e, se per caso ha bisogno di qualcosa, non chiede, ma prende, esige, pretende, in forza di quello che considera un suo diritto. In questa prospettiva chi prega è “un poverino”, uno sciocco che degrada sé stesso, di cui solo si deve avere compassione e disprezzo.

Sintomatico... Sintomatico mi sembra pure oggi - anche fra le persone religiose - che non si usi nemmeno più inginocchiarsi per pregare. Inginocchiarsi viene visto come imbarazzante e sconveniente: si prega in piedi, a testa alta... Inginocchiarsi è umiliante e “indegno” di chi pretende di valere e di avere ogni diritto…

La rivoluzione illuminista. Questi sentimenti ed atteggiamenti sono tipici dell’uomo e della donna che è sorto dalla rivoluzione ideologica del Rinascimento, dell’Illuminismo: l’uomo che pensa di essersi liberato da Dio e dalla dipendenza ad istanze superiori, l’uomo che vede la sua dignità e valore intrinseco e che lotta per la sua indipendenza ed autodeterminazione.

E’ l’uomo sorto dalla rivoluzione francese al grido di “libertà, fraternità, uguaglianza” e che dopo avere ghigliottinato re, nobili e clero, trasforma le chiese in musei, palestre di ginnastica e sale per concerti e conferenze... E’ l’uomo “democratico, civile e progredito” che si è liberato da ogni sudditanza. Non è più infatti il suddito, ma il libero cittadino che regola la civile convivenza su base contrattuale fra uguali.

E la donna? L’uomo così non prega: prega semmai la donna... fino ad un certo punto, però, perché la stessa “lotta di liberazione” continua oggi per la donna, la quale non vuole essere da meno dell’uomo, tanto che nemmeno la donna moderna più prega: prende ed esige. Se per un certo tempo la “religione” era così diventata attività tipicamente femminile, la donna moderna “non va in Chiesa”, ma si associa all’uomo nelle attività ludiche, sociali e di promozione di sé stessi che hanno preso il posto della preghiera.

E la famiglia? Lo stesso concetto lo si insegna ai bambini: i genitori mostrano ai loro figli che tutto viene prima della “Chiesa”. Sempre di meno sono quelle mamme (notate qui la parola “mamma” e non “papà”) che fanno fare ai loro figli prima di andare a letto qualche “preghierina” dal significato sempre più incerto. Inoltre è diventata praticamente sconosciuta la pratica del “culto familiare” nelle case, pratica tipica dei cristiani riformati nel passato, in cui il capofamiglia all’inizio o al termine della giornata, riuniva tutti per leggere la Bibbia, commentarla, cantare inni cristiani e appunto per pregare insieme.

Una questione di prospettiva

Un progresso? Quello che però viene oggi inteso come progresso non è altro che momento ed evidenza della progressiva decadenza spirituale e morale della civiltà, preludio della sua stessa distruzione.

Il vero “portabandiera”. Non si tratta però di un “fenomeno moderno”. Il portabandiera di questo movimento di liberazione da Dio e quindi dalla preghiera, non è altri che Satana, il quale fin dall’inizio seduce l’essere umano prospettandogli autonomia da Dio: diventare cioè sovrano sul proprio destino e sulle proprie scelte, legge a sé stesso, non più suddito, ma libero protagonista ed attore sulla scena di questo mondo.

Sebbene le sue parole fossero attraenti e che ancora questi slogan “suonino bene ai nostri orecchi”, mescolando ad arte verità a menzogna, Satana, ingannandolo, fece così incamminare l’essere umano verso la distruzione e riuscì solo ad asservirlo a sé stesso. La situazione di oggi è solo una conferma del “successo” di questa sua azione.

Ancora oggi, e in modo sempre più intenso, l’uomo procede rapido nel suo declino abbandonando persino l’apparenza della religione. Certo, è più onesto essere “atei coerenti” che non fanno finta di essere religiosi, ma un ateo coerente non è meno perduto di un finto religioso.

Per chi e perché è venuto Gesù. Gesù però, che non è venuto per persone religiose, ma per atei (dichiarati o impliciti che siano), per coloro che, ingannati da Satana e suoi schiavi, sono incamminati sulla via della perdizione, e liberandoli e riconciliandoli con Dio, insegna loro a pregare, cioè a coltivare un fecondo rapporto e colloquio con Dio. Gesù è la compassionevole mano di Dio tesa verso di noi e che opera per la nostra rigenerazione e salvezza.

La Sua opera risanatrice. Noi siamo ciechi sulla tragicità della nostra condizione, ma Egli ci apre gli occhi per farci vedere la via della salvezza, Dio e la Sua grazia. Noi siamo sordi alla voce di Dio che crediamo assente, ma Gesù ci fa udire la Sua voce. Noi siamo muti ed incapaci a rapportarci a Dio con la preghiera, ma Gesù ci ridà la favella che ce lo permette. Il nostro cuore è duro ed arrogante, ma Gesù ce lo ammorbidisce facendoci amare Dio. La nostra mente ingannata è confusa e soppressa in noi è la conoscenza della verità, ma Gesù ci fa conoscere la verità. Le nostre gambe sono paralizzate e ci è impossibile muoverci sulla via della salvezza, ma Gesù ridona ad esse il vigore per permetterci di camminare lungo la Sua via. Le nostre braccia sono incapaci di servire la causa di Dio, ma Gesù ce le rafforza e guida per poter operare alla Sua gloria.

L’appello dell’Evangelo. Tutto questo lo opera il Salvatore Gesù quando chiama i Suoi eletti e, nonostante la nostra indegnità, Egli rende possibile, tramite il Suo sacrificio, un rinnovato nostro rapporto con Dio e ci insegna a pregare, cioè ad intrattenere un fecondo colloquio con Lui. Certo, pregare implica confessare la nostra debolezza, povertà, impotenza, bisogno, dipendenza: questo noi non vorremmo ammetterlo, ma è esattamente così che noi siamo, sia come creature, dipendenti per loro stessa natura, sia come peccatori, che hanno perduto la loro giustizia originaria. La Scrittura afferma: “Ora tutte le cose sono da Dio, che ci ha riconciliati a sé per mezzo di Gesù Cristo e ha dato a noi il ministero della riconciliazione, poiché Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli, ed ha posto in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro, e noi vi esortiamo per amore di Cristo: Siate riconciliati con Dio” (Romani 5:18-20).

La bellezza della preghiera

Chiamati dall’Evangelo alla riconciliazione con Dio, istruiti a come intrattenere con Dio il rapporto fecondo della preghiera, allora noi riscopriamo la bellezza della preghiera, preghiera che non ha nulla a che fare con l’umiliazione che il mondo immagina.

Intercessione. Nella preghiera presentiamo a Dio le necessità nostre e degli altri. Certo Dio provvede al Suo popolo ogni cosa che gli sia necessaria, ma quaggiù “la legge della casa” è che noi la si debba domandare. Gesù disse: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa. Vi è tra voi qualche uomo che, se suo figlio gli chiede del pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pasce, gli darà una serpe? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a coloro che gliele chiedono” (Matteo 7:7-11).

Condivisione. Nella preghiera condividiamo il peso delle nostre anime bisognose, ci sfoghiamo e ci liberiamo. Gesù disse: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero!” (Matteo 11:28-30).

Promesse. Nella preghiera noi facciamo nostre le promesse delle quali Dio ci ha fatto oggetto in Cristo. “...attraverso le quali ci sono donate le preziose e grandissime promesse, affinché per mezzo di esse diventiate partecipi della natura divina, dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo a motivo della concupiscenza” (2 Pietro 1:4).

La presenza di Dio. Nella preghiera noi facciamo esperienza della presenza di Dio e della Sua opera quando Egli ci esaudisce. “Questa è la sicurezza che abbiamo davanti a lui: se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. E se sappiamo che egli ci esaudisce in qualunque cosa gli chiediamo, noi sappiamo di avere le cose che gli abbiamo chiesto” (1 Giovanni 5:14,15). La preghiera potrebbe inoltre essere assomigliata a diverse cose di cui noi abbiamo quanto mai bisogno.

Fra le molte cose vantaggiose essa può essere:

Un agente preventivo. La preghiera è un “agente preventivo” che Dio usa per controllare e correggere la nostra condotta quando vi è il rischio che essa degeneri e compia cose che andrebbero a nostro danno. Ci richiama alla comunione con Dio quando ci allontaniamo da Lui.

Un disinfettante. La preghiera è come un disinfettante che uccide i germi del peccato prima che essi generino ciò che a Dio dispiace e offende.

Un calmante. La preghiera come un calmante attenua le nostre eccessive preoccupazioni per richiamarci a confidare nel nostro Padre celeste. Gesù disse: “Io vi lascio la pace, vi do la mia pace; io ve la do, non come la dà il mondo; il vostro cuore non sia turbato e non si spaventi” (Giovanni 14:27).

Un condizionatore. La preghiera condiziona la nostra mente portandola ad essere conforme con il meraviglioso carattere di Cristo. “Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù” (Filippesi 2:5). “Or noi abbiamo la mente di Cristo” (1 Corinzi 2:16).

Un benefattore sociale. La preghiera, infine, può essere un benefattore sociale, perché, quand’è comunitaria, raccoglie ed unisce il popolo di Dio, rinsaldando quella comunione umana e con Dio che sola può creare vera comunità.

Conclusione

“Insegnaci a pregare” non è dunque oggi la domanda che molti farebbero. Simbolo di debolezza e di dipendenza, l’uomo e la donna moderni rifuggono dalla preghiera autentica perché vogliono essere liberi ed autonomi, ma si ingannano. Preferiscono che qualcuno insegni loro magari la “meditazione trascendentale” o quant’altro ritengono potere essere loro di vantaggio, pompando il loro smisurato ego. Non vogliono udire chi dice loro: “Sottomettetevi dunque a Dio... Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi innalzerà” (Giacomo 4:7,10), eppure solo la via della preghiera, dell’armonia con Dio, del fecondo dialogo con Lui, può essergli di giovamento e contribuire al loro vero progresso. L’essere umano è una creatura fatta per essere in comunione con Dio, non un dio a sé stesso. Solo in comunione fiduciosa ed ubbidiente con il suo Creatore l’essere umano potrà trovare la migliore realizzazione di sé stesso. Che Dio ci dia di accogliere questo messaggio perché solo Dio è degno di ricevere ogni onore e gloria. “Alleluia! La salvezza, la gloria, l'onore e la potenza appartengono al Signore nostro Dio” (Apocalisse 19:1).

[Paolo Castellina, sabato 3 maggio 1997].